LAVORO E SFRUTTAMENTO
[Disponibile anche nella parte "FR.", traduzione manuale] Si chiamano "pensatori" i filosofi, oltre che i grandi intellettuali in senso lato, uomini di lettere ecc. In queste pagine, abbiamo scelto di avvicinare due profili che in teoria e a prima vista non si toccano. Considerandoli tutti e due come dei veri Pensatori. Quel che ci ha incoraggiati in questo senso, sono i contenuti che offrono di continuo a beneficio delle popolazioni in difficoltà, e ai margini. I loro discorsi, immagini e racconti sono chiari, per favorire chi è ancora troppo dimenticato. Invisibili che, purtroppo, sono in fondo ben visibili sui nostri marciapiedi come proprio davanti alle nostre strutture pubbliche. Come abituarsi a tutto ciò, nei nostri "paesi civilizzati" ? Oggi, si possono persino notare dei giovani, delle donne senza fissa dimora (e semplicemente senza dimora), totalmente ostaggi del mondo della strada. Condizioni di lavoro, precariato, concorrenza spiegano "forse" qualcosa.
E come è possibile comodamente pensare invece che, sempre, tutto ciò potrebbe essere la normale conseguenza di un certo atteggiamento di fronte al lavoro, fino a convincersi talvolta che tutto è questione di merito da possedere in quantità (sì per il lavoro e per il merito, ma non a qualunque prezzo!), di mancanza di volontà, di pigrizia e/o di uno strano modo di concepire la parola "libertà". Nei fatti, nessuno, nessun essere umano, dovrebbe essere esposto a certi rischi, ad una vita così degradante e rude. Peraltro, nessuna di queste persone abbandonate - al di là delle ronde, fondamentali - non dovrebbe rappresentare un "segnale vivente", un esempio in carne ed ossa, atto a spaventare coloro che lavorano duramente.
Il lavoratore deve poter rivendicare senza timore, e liberamente, con "serenità" (si sa infatti quale sacrificio rappresenti uno sciopero, ad esempio), ciò che gli manca sul lavoro. Quel che lo fa soffrire, considerando tutte le professioni. È fondamentale poter denunciare, con reali possibilità di cambiamento, le "difficoltà" (eufemismo), conseguenze dell'ultra-flessibilità, dell'ultra-poliedricità, et dell'ultra-precariato (senza dimenticare l'ultra-efficienza!). Un contesto piuttosto trasversale ed universale.
Si potrebbe ancora ribattere che il lavoro è lavoro, certo. Il buon lavoro rima con coscienza e professionalismo, senso del servizio, puntualità, rigore e acuta attenzione verso tutto. Ma al contempo, il lavoro non dovrebbe coincidere con tutta la propria esistenza. Il lavoro, significa ovviamente doveri ma anche, in ugual misura, diritti sempre più calpestati.
La riflessione sulla settimana di quattro giorni (ma si dovrebbe discutere di più sull'organizzazione dell'orario) ben dimostra che oggi ci si interroga seriamente sulla questione, mentre continua quella sottomissione che dipende dalla nostra situazione economica generale. Eppure... quella che si chiama oggi [in Francia] il valore-lavoro, si situa spesso a grande distanza dai valori di base. Tutto ciò assomiglia sempre piuttosto ad un mercato, in cui si dimentica il lavoro in se stesso e tutto che conta (ovvero il lavoro-valore, nell'altro senso...).
"I nostri ospiti", sull'argomento lavoro/sfruttamento sono: il regista Ken Loach (che come i fratelli Dardenne prende a cuore fino in fondo i drammi sociali sapendo costantemente e perfettamente mettere in scena i suoi protagonisti) e - nella pagina seguente - il sindacalista Maurizio Landini, ovvero un uomo indignato, in rivolta, sempre combattivo per difendere vero lavoro e lavoratori, oltre che per avanzare verso una società più giusta.
Ken Loach, ospite della trasmissione "Il cavallo e la torre", su Rai3 e Raiplay.
Marco Damilano : - Riceviamo un intellettuale europeo, un grande regista inglese, che ha dedicato tutta la sua opera al racconto della classe lavoratrice, la working class. Un maestro del cinema : Ken Loach.
Il lavoro senza qualità e senza dignità vale la fatica? In che modo in questi tuoi 60 anni di carriera hai visto cambiare le condizioni dei lavoratori?
Ken Loach : - Negli anni '60 la maggior parte dei lavoratori era tutelata dai sindacati e aveva impieghi sicuri. C'erano lo sfruttamento, i senzatetto, e la povertà ma tutto rimaneva all'interno di un sistema, in cui i sindacati negoziavano per i lavoratori che avevano un impiego stabile.
Poi la disoccupazione è cresciuta nel corso dei decenni. E, alla fine degli anni '70 e negli anni '80, il governo di destra di Margaret Thatcher ha rimosso alcuni diritti sindacali e ha permesso al capitale di scatenarsi. Da allora il progetto del neoliberismo per il quale abbiamo sofferto tutti, ha fatto sì che lo sfruttamento dei lavoratori si è accresciuto, i metodi per ottenere profitto sono diventati più violenti. E adesso pochi lavoratori hanno diritti sindacali. Molti di loro lavorano nella dig-economy, non hanno orari fissi, stipendi stabili, salario minimo. Non hanno controllo sul loro orario di lavoro, sono in balia dei datori di lavoro.
I sindacati sono ancora attivi ma non sono più forti come un tempo. La conseguenza è che la povertà è aumentata a dismisura. Secondo dati recenti, il numero di persone che dipendono dal cibo distribuito dagli enti di beneficenza è cresciuto del 50% nell'ultimo anno. La situazione dei senzatetto è drammatica (...). E gli affitti... I miei nipoti spendono in affitto più della metà del loro stipendio. È una situazione intollerabile (...). E non esiste un'opposizione strutturata che si opponga a tutto questo.
M.D. : (...) E questo proletariato invisibile è cresciuto in tutta Europa e anche in Italia (...).
K.L. : (...) Penso che dobbiamo pretendere insieme la fine dello sfruttamento, e uguali diritti per tutti. (...) Non si può ottenere l'uguaglianza se si negano diritti alle persone a causa della loro identità (...). A volte chi è particolarmente concentrato su politiche identitarie, vede chi appartiene alla classe operaia un nemico, invece di considerarlo un alleato. (...).
M.D. : [È stato] in concorso al Festival di Cannes1 il tuo nuovo film "The old oak", in cui in un villaggio minerario in Inghilterra arrivano profughi siriani, e c'è rabbia, c'è risentimento...
K.L. : Ci sono molte cose da dire. Prima di tutto i migranti non vengono mandati in zone borghesi, ma in aree proletarie dove hanno meno. (...) Lì non ci sono strutture per supportare i migranti, che sono disperati, che hanno vissuto la guerra e hanno bisogno di aiuto. (...). Ovviamente, quando i migranti arrivano, i media di destra lo trovano utile. Possono distrarre i lavoratori e dire: la responsabilità della vostra povertà non è dei datori di lavoro, dello Stato o del potere delle multinazionali. No, la responsabilità è di persone ancora più povere di voi, quindi cacciateli via!
1. Ken Loach e Cannes - 15 partecipazioni dal 1981 e due Palme d'oro, nel 2006 per "Il vento che accarezza l'erba", e nel 2016 per "Io, Daniel Blake" (da ritrovare qui, in "FR.", se volete).
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